Il numero diciotto della Rivista, nella parte relativa alle recensioni e alle segnalazioni bibliografiche, ha ospitato un'ampia ed interessante intervista allo storico Dario Biocca. Insieme a Mauro Canali, egli è l'autore, lo rammentiamo ai lettori, di numerose ricerche sulla figura del celebre scrittore abruzzese Ignazio Silone, con particolare riferimento alla sua vicenda umana e politica che lo avrebbe portato, secondo i due ricercatori, ad una assidua e prolungata nel tempo collaborazione con gli organi repressivi del regime mussoliniano. Le rivelazioni hanno destato molto clamore, non solo in ragione del fatto che Silone è certamente uno dei pochi intellettuali italiani di questo secolo ad aver raggiunto una straordinaria fama internazionale, ma anche perché, com'è largamente noto, egli rivestì un ruolo di primo piano nell'organizzazione antifascista clandestina e, fino ad un certo momento, nel partito comunista italiano. Non stupisce quindi che altri autori abbiano tratto dal clamore e dalle polemiche lo spunto per leggere i documenti storici con una chiave diversa da quella proposta da Biocca e Canali, contestandone l'assunto di base, cioè la disvelata collaborazione e il "tradimento". E' questo appunto il caso di Giuseppe Tamburrano, Presidente della Fondazione Pietro Nenni e docente di Storia dei partiti politici, che nel volume Processo a Silone sviluppa diffuse argomentazioni per contrastare l'ipotesi collaborazionista, che egli considera priva di fondamento e frutto esclusivamente di una costruzione letterariamente efficace. Il libro, in realtà, è diviso in due parti. Al lungo saggio di Tamburrano è infatti complementare un'analisi dei documenti archivistici, già esaminati da Biocca e Canali, condotta da Gianna Granati e Alfonso Asinelli, i cui esiti conducono ad una sistematica confutazione delle conclusioni che compongono il mosaico e lo scenario costruito dallo studio dei due storici. A corredo del volume, Tamburrano presenta anche alcune testimonianze, nonché una perizia calligrafica, tese ad avvalorare le tesi sostenute. In tale ambito, particolarmente interessante si segnala quanto riferito dalla scrittrice Luce D'Eramo. Racconta infatti di un incontro con Umberto Terracini, leader storico dell'antifascismo, appena un anno dopo la morte di Silone, nel cui contesto l'esponente comunista fece cenno ad un incarico che il PCI clandestino aveva conferito a Silone nel senso di utilizzare le conoscenze che egli aveva nella polizia politica, fingendosi informatore per acquisire notizie riservate. La questione ha una sua importanza ove si consideri che lo stesso libro di Tamburrano prende necessariamente atto dei rapporti tra Silone e la polizia politica, e dunque la controversia ruota sulla data di inizio della collaborazione (prima o dopo l'arresto del fratello di Silone, Romolo Tranquilli), sulla sua effettiva importanza, sui suoi reali scopi. E' certo che la vicenda, connotata com'è da accenti di vivace polemica, vedrà scritti altri capitoli. Lo stesso Biocca, nell'intervista alla nostra Rivista che abbiamo citato in apertura, più volte si sofferma sull'esigenza avvertita di approfondire. Per fortuna, ciò che non necessita di approfondimenti è la grandezza dell'opera letteraria. Anche se diversi intellettuali hanno effettuato riletture in chiave psicoanalitica di molti personaggi delle opere di Silone, per scorgere qua e là tratti autobiografici e confessioni, siamo convinti che la trasfigurazione letteraria costruisca una realtà e un mondo che vivono di vita propria, consegnati per sempre, è il caso dello scrittore abruzzese, alla storia della cultura italiana del novecento.
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